L’imprinting culturale delle organizzazioni

L’imprinting come nucleo della cultura organizzativa

Ogni organizzazione ha una sua propria cultura, in cui le intenzioni individuali dei fondatori, dei leader, di coloro che sono entrati a fare parte del gruppo diventano un patrimonio comune attraverso cui leggere l’ambiente circostante, i valori del gruppo, i suoi obiettivi, gli eventi critici; è in questo senso che si può parlare di imprinting come di base della cultura. Quando l’organizzazione nasce, il leader originario presenta la cultura, e il gruppo la assume attraverso un incontro con le sue culture di provenienza; si formano i primi assunti culturali dell’integrazione interna, che si sviluppano in combinazione con l’ambiente esterno, con i tratti caratteristici dell’epoca, con i conflitti ed il loro superamento, con i risultati che producono e che possono rafforzarli o indebolirli. Questo nucleo culturale originario sarà poi l’imprinting per l’avvenire dell’impresa e delle future imprese analoghe, ossia la categoria mentale per la quale si riconosce e distingue il giusto dallo sbagliato, la prassi corretta da quella deformata: con il passare degli anni la cultura potrà lentamente evolversi, cambiare, ma il suo nucleo profondo rimarrà sempre il medesimo e continuerà a lasciare la sua impronta. Insomma, una organizzazione fa quello che fanno gli individui: si attacca affettivamente alle condizioni che ne hanno caratterizzato l’infanzia e l’adolescenza, e le racchiude in un codice che, anche se culturale, ha la stessa forza di un codice genetico. Per esempio, le imprese siderurgiche sono nate all’inizio dell’Ottocento e con determinate caratteristiche; oggi, a distanza di oltre 150 anni, queste imprese hanno ancora significativi tratti in comune che le distinguono dalle altre imprese.

L’imprinting come comune denominatore di una famiglia di imprese

Facendo un passo avanti si scopre un aspetto ancora più sorprendente: non soltanto imprese nate molto tempo fa conservano ancora oggi le medesime caratteristiche di imprinting, ma le nuove imprese della stessa famiglia, nate in anni molto successivi alle originarie, hanno da subito lo stesso imprinting. Dunque si può dire che le nuove organizzazioni nascono per famiglie, che queste famiglie hanno dei tratti caratteristici comuni che costituiscono un imprinting, che viene trasmesso anche ad aziende della stessa famiglia che nascono svariato tempo dopo. A questo proposito è d’obbligo fare una distinzione tra imprinting di influenza e imprinting di riproduzione: il primo indica l’importanza degli eventi legati alla fondazione sull’identità, il carattere e i problemi di una organizzazione (è dunque l’imprinting originato dall’azienda); l’ultimo evidenzia il mantenimento e le modifiche derivanti da tali procedimenti durante la vita delle organizzazioni (è l’imprinting “ereditato”).

Questo meccanismo funziona anche su livelli macro: osservando la storia culturale degli Stati Uniti d’America infatti, non si può non notare che l’università di Harvard ha fornito l’imprinting di influenza, mentre l’università di Yale e successivamente quelle statali hanno avuto un ruolo di primo piano nell’imprinting di riproduzione della nazione; i tratti alla base di questi college sono infatti profondamente radicati nella cultura americana, dove per esempio la capacità di resistenza e il non arrendersi mai tipici dei football college sono diventati valori chiave della cultura statunitense.

Governare o affiancare l’imprinting

L’imprinting non può essere eliminato, poiché è irreversibile, ma sicuramente vi si può agire affinché diventi, oltre che strumento “passivo” di guida organizzativa, anche strumento “attivo” per manovrare le organizzazioni; in alcuni casi la capacità di vivere e sopravvivere delle aziende è infatti collegata alla conoscenza e alla pratica di approcci che sappiano trasformare l’imprinting in un vantaggio competitivo. Questa capacità è importante tanto più quando ci si trova di fronte ad un imprinting ambiguo o addirittura negativo. Per esempio, è vero che l’ambiente di lavoro ha di per sé la capacità di strutturare i comportamenti e di orientarli nell’efficace esecuzione dei compiti aziendali e che per questo le persone si conformano da sole alle regole e all’ambiente, tuttavia studi svolti a livello internazionale dichiarano che, in assenza di metodi di inserimento espliciti ed adeguati, dal 40 al 65% dell’efficacia derivante dalla “nuova situazione” in cui si trova il neo-assunto e dalle capacità ed energie che egli vi applica va irrimediabilmente perso. Ecco dunque che per un leader il governo dell’imprinting è essenziale per un efficace espletamento delle potenzialità dell’organizzazione; ritenere che le cose andranno avanti nel giusto modo per effetto della sola cultura di base è una concezione decisamente troppo leggera.

Interventi di imprinting

Per “affiancare” l’imprinting organizzativo alcune aziende progettano specifici interventi mirati a far conoscere i pilastri culturali ai nuovi arrivati. Questi interventi tuttavia vengono troppo spesso fatti con scarsa attenzione per i processi comunicativi che ne regolano il funzionamento, che sono invece estremamente importanti, in quanto la cultura si riproduce e si diffonde proprio attraverso la comunicazione (formale ed informale). Tipico è l’esempio di aziende che fanno corsi di introduzione in azienda dopo vari mesi di lavoro effettivo degli assunti: in questo modo viene sprecata una grande opportunità di plasmare culturalmente le nuove risorse, e al massimo si fa conoscere qualche scarno dato sulla storia dell’azienda. Un altro importante fraintendimento è legato alle modalità di uso della comunicazione nei processi di imprinting: è infatti necessario un buon utilizzo della comunicazione indiretta, mentre troppo spesso si comunica direttamente (“i nostri valori sono…”).

Le iniziative di introduzione nell’azienda sono un momento topico di affiancamento dell’attività già automaticamente svolta dall’imprinting, e vengono a loro volta influenzate, nei modi di attuazione, dall’imprinting; per esempio, una azienda basata sui valori della tradizione e dell’immobilità, difficilmente farà interventi di formazione dinamici e con linguaggi innovativi, e dunque è improbabile che riuscirà a trasmettere ai nuovi assunti valori come la creatività e l’iniziativa (è un po’ il problema della pubblica amministrazione italiana).

Collisioni ed incontri tra imprinting differenti

Se è vero che chi entra a far parte di una azienda si confronta con l’imprinting di quest’ultima, per venirne più o meno lentamente inglobato, è anche vero che questo soggetto è condizionato nel suo agire dagli imprinting derivanti dalla sua propria sfera: gli imprinting che derivano dal suo essere umano, quelli che vengono dalla sua famiglia, dal suo luogo di vita, dalla sua nazione, dalla sua scuola, dalle eventuali precedenti aziende. Questi imprinting non sempre riescono a convivere pacificamente, ma spesso configgono tra loro andando ad apportare modifiche vicendevoli, oppure modifiche all’imprinting “più debole”. Un classico esempio è quello delle generazioni che entravano a far parte delle organizzazioni produttive negli anni Settanta ed Ottanta; portando in sé un imprinting a forte connotazione ribellistica, travasavano nelle aziende l’idea che la sfiducia verso il management fosse un atto dovuto. Quelle generazioni, giunte fino ai giorni nostri (e non ancora del tutto pensionate) hanno fatto e sedimentato una cultura che tramanda valori e conseguenti atteggiamenti.

L’influenza dell’imprinting al di fuori dell’organizzazione

L’imprinting aziendale può anche pesare sulla visione che gli esterni hanno dell’organizzazione. Un esempio tipico di ciò è costituito da quelle micro e piccole imprese a gestione familiare (ma accade anche tra i professionisti) in cui il genitore titolare dell’attività a tutti i costi vuole facilitare la vita ai figli, perché in quanto figli li percepisce come fragili. I figli saranno sempre una variabile dipendente dal genitore, e così non riescono a trovare un ruolo di autonomia nell’impresa, poiché partono da un imprinting di inferiorità. Le conseguenze per l’attività di impresa sono che il figlio alla vista degli sterni sarà sempre “il figlio di…”. Scomparso il genitore, inizierà inesorabilmente il declino dell’attività d’impresa, perché per primi i clienti (esterni) saranno influenzati dal forte imprinting one-up dell’azienda e non avranno fiducia nelle capacità del figlio, visto sempre come “fragile” o immaturo.

(*) di Laura Liguori. Laura Liguori è dottoressa in Scienza dell’Amministrazione e collabora alla docenza all’Università degli Studi della Tuscia per la cattedra di Psicologia delle Organizzazioni

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