Misure Induttive del Clima Psicologico

di Daniel J. Koys, Thomas A. DeCotiis (trad. italiana di F. Biancalani)

INTRODUZIONE

Lo studio dei climi organizzativi è problematico poiché è un fenomeno caratterizzato da livelli molteplici e complesso (Glick, 1985); tuttavia si sono avuti progressi considerevoli nella concettualizzazione del costrutto di clima (Schneider & Reichers, 1983). Oggi la letteratura parla di due tipi di clima: psicologico ed organizzativo. Il primo viene studiato a livello individuale mentre il secondo a livello organizzativo. Si debbono considerare e due aspetti per descrivere la natura multi dimensionale del fenomeno legato alle percezioni che hanno gli individui delle loro esperienze in una organizzazione. L’articolo fa un resoconto sullo sviluppo delle misure sul clima psicologico. Le percezioni molari degli individui nelle organizzazioni derivano dall’esperienza accumulata in esse. Queste percezioni costituiscono una mappa cognitiva individuale del modo in cui l’organizzazione funziona, quindi aiuta a determinare quale sia il comportamento adeguato in una situazione data. Di conseguenza il clima serve ad adattare il comportamento dell’individuo alle richieste ambientali provenienti dall’organizzazione (Schneider & Reichers, 1983). Da qui la definizione di clima psicologico: fenomeno percettivo basato sull’esperienza , multi dimensionale e durevole che è ampiamente condiviso dai membri di una specifica unità organizzativa. La sua funzione primaria è quella di orientare e modellare il comportamento individuale verso modalità comportamentali dettate dalle esigenze organizzative. Le percezioni di clima hanno specifiche caratteristiche. Primo, le percezioni del clima riassumono le descrizioni delle esperienze degli individui nell’organizzazione anziché reazioni affettive o valutative di quello che è stato esperito. Sebbene le descrizioni non possano considerarsi completamente scisse dalle valutazioni (Ashforth, 1985), la distinzione tra descrizioni dell’esperienza organizzativa e risposte valutative separa il clima dalla soddisfazione lavorativa (Glick, 1985; Schneider, 1975). Secondo, le percezioni del clima sono relativamente stabili nel tempo (Campbell, Dunnette, Lawler e Weick, 1970). Terzo, esse sono ampiamente condivise dei membri della stessa unità organizzativa (Litwin e Stringer, 1968; Payne e Pugh, 1975). Ancora, nella stessa organizzazione possono esistere climi molteplici poiché l’ambiente organizzativo può essere percepito diversamente da membri appartenenti a diversi livelli organizzativi, di diversa posizione gerarchica, oppure di reparti diversi ma nella stessa posizione (Johnson, 1976; Litwin & Stringer, 1968; Payne e Mansfield, 1973; Powell e Butterfield, 1978; Schneider e Hall, 1972). Infine le imprese possono avere un clima per, chiamiamolo il servizio commerciale (Schneider, Parkington e Buxton, 1980) e un altro per, chiamiamolo il servizio di sicurezza (Zohar, 1980).

LE DIMENSIONI DEL CLIMA
La discussione sopra riferisce un consenso generale sul concetto di clima psicologico, però sembra esserci un minor accordo sulla sua dimensionalità e anche sulla sua misurazione. In una recente rassegna della letteratura sul clima, Campbell e al. (1970) ha classificato le ricerche parlando di quattro dimensioni del clima: autonomia individuale, grado di imposizione della struttura sui ruoli, orientamento alle ricompense, coinvolgimento, calore e sostegno. Da una nostra più recente rassegna della letteratura risulta un elenco di 80 distinte categorie dimensionali del clima. Malgrado la complessità e ampiezza del campo di indagine, è necessario chiarire la molteplicità delle dimensioni componenti il clima psicologico, se sono stati eseguiti confronti, ripetizioni e generalizzazioni, che sono le basi della teoria del testing , e nel caso, se il clima psicologico dovesse essere abbandonato come meritevole oggetto di studio. Questo universo di dimensioni climatiche dovrebbe attraversare tutti gli ambienti organizzativi e tutti i livelli. Pertanto la distinzione tra climi si dovrebbe fare nei termini della salienza o importanza per il contesto organizzativo. Il concetto di dimensionalità-salienza è usato anche per altri fenomeni affrontati dalle ricerche organizzative. Ogni volta che un ricercatore decide di usare una parte di un set di misure figura la dimensionalità-salienza ad esempio, quando si usano solo tre delle cinque scale del Job Description Index (Smith, Kendall e Hulin, 1969) oppure 5 delle 21 scale del Minnesota Satisfaction Questionnaire (Lofquist e Dawis, 1969). Scegliere una parte del Job Satisfaction non significa rifiutare l’esistenza della molteplicità di sfaccettature del fenomeno soddisfazione lavorativa e nemmeno della sua rilevanza teorica, ma indica piuttosto che in uno specifico contesto alcune parti sono più salienti di quelle che il ricercatore decide di non usare. Pertanto lo sviluppo del clima psicologico non è un problema che nasce nella sfera delle dimensioni di un dato setting; anzi serve a specificare in maniera pregnante, sia teoricamente che analiticamente e pragmaticamente l’universo di tutte le possibili dimensioni climatiche. In questo articolo per prima cosa individueremo quell’universo di dimensioni del clima psicologico precedentemente discusse. Poi faremo un resoconto dello sviluppo delle scale preparate per la misura delle dimensioni costituenti le percezioni del clima psicologico.

IL METODO
Sintesi della letteratura Le dimensioni riportate nella letteratura sono un importante punto di partenza per il processo di identificazione delle dimensioni. Allo scopo di rendere l’universo delle dimensioni legate al clima psicologico, maneggevoli e comprensibili, cercheremo di ridurre le stessi; però prima bisogna fissare alcune regole legate alla procedura. In accordo con quanto più sopra discusso sul significato del concetto clima psicologico, le dimensioni devono misurare la percezione, devono corrisponde a misure descrittive (non valutative) delle attività, e non dovrebbero rappresentare un unico aspetto dell’organizzazione o della struttura dei compiti. L’applicazione di questi criteri alle 80 dimensioni prima richiamate porta alla eliminazione di tutte le misure oggettive, valutative e legate alle proprietà della struttura organizzativa. Seguendo questi criteri le seguenti misure oggettive verranno eliminate: assenteismo, turn over, ritardi, conflitti sul lavoro, incidenti e produttività (Payne e Pugh, 1975). Si elimineranno anche quel gruppo di dimensioni che sembrano essere di tipo affettivo anziché descrittivo, vale a dire, di generica soddisfazione (Schneider e Bartlett, 1968), di sentimenti verso i colleghi, di sentimenti verso il management (La Follette e Sims, 1975; Muchinsky, 1976) e di soddisfazione attraverso motivatori intrinseci ed estrinseci (Peterson, 1975). Sono state eliminate parecchie misure della struttura organizzativa, incluse la centralizzazione (Franklin, 1975; Pugh, Hickson, Henings e Turner, 1968; Morse e Lorsch, 1970; Pritchard e Karasick, 1973; Payne e Pugh, 1975; Steers, 1977), l’ampiezza dell’organizzazione (Schneider e Bartlett, 1968) la struttura organizzativa (Powney, Hellriegel, Slocum, 1975; Peterson, 1975; Pritchard e Karasick, 1973), ampiezza degli elementi di supporto (Pugh et al., 1968) centralismo decisionale (Forehand, 1968; Frederickson, 1968; Kahn, Wolfe, Quinn, Snoch e Rosenthal, 1964; Litwin e Stringer, 1968; Payne e Mansfield, 1973; Payne e Pugh, 1975) e procedure amministrative (Frederickson, Jensen, Beaton, 1972; Friedlander e Margulies, 1969; Gavin e Howe, 1975; Halpin e Crofts, 1963; House e Rizzo, 1971; La Follette e Sims, 1975; Muchinsky, 1976; Morse e Lorsch, 1970; Payne e Mansfield, 1973). Sessantuno delle riferite dimensioni del clima sopravvivono a questo processo selettivo. Allo scopo di ridurre ulteriormente il numero delle dimensioni , gli autori analizzarono quelle che potevano raggrupparsi in analoghi costrutti di base, procedura molto simile ad una delle prime ricerche in proposito ( Campbell et al., 1970). Le dimensioni specificate nella letteratura furono raggruppate facilmente in poche categorie. Delle 6é dimensioni più di una si sarebbero potute classificare in più di un’unica dimensione. Quando si incontrava questa forma di ambiguità dimensionale, veniva adottata in pieno la strategia conservativa di eliminazione delle dimensioni- “tipo”.

Ancora, alcune delle dimensioni erano citate solamente da singole ricerche e non si potevano classificare in nessun altra dimensione; anche queste sono state eliminate. Con l’applicazione del sopra citato criterio abbiamo ottenuto l’eliminazione delle seguenti dimensioni: processi comunicativi (Drexler, 1977) comunicazione aperta (Cumming, 1965; Franklin, 1975; James e Sells, 1981; La Follette e Sims, 1975), processi decisionali (Downey et al., 1975; Drexler, 1977), capacità organizzativa (House e Rizzo, 1971; Lawler, Hall e Oldham, 1974), identificazione con l’organizzazione (James e Sells, 1981) stato motivazionale (Drexler, 1977), influenza psicologica (James e Sells, 1981), concretezza (Lawler et al., 1974), importanza della risorsa umana (Drexler, 1977), clima di sicurezza (Zohar, 1980), importanza dei traguardi del leader (James e Sells, 1981), Tipo di supervisione (Frederickson et al., 1972; House e Rizzo, 1971; Litwin e Stringer, 1968; Morse e Lorsch, 1970; Peterson, 1975) controllo emotivo, orientamento culturale, conformismo (Payne e Mansfield, 1973). Sono state mantenute 45 delle originarie dimensioni e categorizzate in 8 concetti considerati come l’universo del clima psicologico. Nella Tavola I troviamo le ultime 8 dimensioni, le 45 trovate nella letteratura e i ricercatori che le hanno citate. Dalla Tavola I si deduce che un ampio numero di dimensioni trovate nella letteratura si possono facilmente in pochissimi concetti comuni. La Tavola II riporta per ognuna delle 8 dimensioni tratte dalla letteratura sul clima psicologico, la denominazione e la nostra definizione. Un’accurata lettura delle nostre definizioni evidenzierà una certa sovrapposizione di significati oppure, nei termini di analisi fattoriale, una struttura obliqua tra le otto dimensioni del clima. La sovrapposizione di significato ricorre perché una data esperienza organizzativa può essere descritta in molti modi. Ad esempio, alcuni possono descrivere il modo con cui si è supervisionati nei termini del sostegno che i superiori loro concedono, altri possono dare maggior peso alla fiducia che dispongono da capo, altri ancora possono focalizzare la loro attenzione sull’autonomia accordata dai capi. Le descrizioni possono essere l’esito di una medesima categoria comportamentale, ad esempio il modo con il quale il superiore delega la propria autorità. In ogni modo queste dimensioni sono concettualmente distinte pur provenendo da una medesima fonte. Altro esempio possiamo trarlo da una organizzazione caratterizzata da processi decisionali partecipativi; potrebbe essere descritta sia coesiva ( le persone lavorano insieme come una squadra ), che riconoscente ( le abilità e opinioni degli impiegati sono apprezzate ). Come ultimo esempio un’organizzazione che persegue una strategia di riduzione dei costi potrebbe essere descritta nei termini di pressione ( avere moltissimo lavoro ) e ridotta coesione ( le persone competono per accaparrarsi le scarse risorse interne )? Da questi esempi possiamo affermare che, malgrado la medesima fonte, l’esperienza dell’impiegato è definita da dimensioni molteplici.

Analisi quantitativa Per ognuna delle 8 dimensioni dell’insieme delle percezioni climatiche definite nella TavolaII, sette item sono stati scritti tenendo conto dei best five psicometrici che sono, elevata correlazione tra punteggio dell’item con il punteggio della scala, inoltre, elevato a di Cronbach per ciascuna scala. Tutti gli item furono inclusi nel questionario postale, inviato a 475 dipendenti di una grande catena di ristoranti statunitensi. Ne furono restituiti 367 (77.3 %). Gli item più potenti da un punto di vista psicometrico furono inclusi nella ricerca convalidativa condotta con 200 soggetti ( donne e uomini ) iscritti ad un programma serale MBA. Furono restituiti 117 questionari (58.5 %). Per salvare la validità esterna furono inclusi nell’analisi soltanto quei soggetti ( n=84 ) impiegati a tempo pieno. Questi erano perlopiù manager e professionisti impiegati in diverse industrie manifatturiere, di servizi e di organizzazioni governative. Allo scopo di acquisire alcuni dati sulla correlazione delle scale rispetto alle dimensioni teoriche da noi richiamate, tutti gli items furono sottoposti ad analisi fattoriale, sia quelli del campione originario che del campione di validazione. (I valori assoluti delle correlazioni tra gli item assumevano una gamma compresa tra 0.00-0.79 con mediana di 0.28). L’analisi delle componenti principali con normalizzazione di Kaiser e i risultati furono ruotati obliquamente, come suggerito dalla teoria tracciata da Kim (1975). Si stabilì che il valore minimo di eigenvalue per estrarre un fattore fosse di almeno 1.00. Se i costrutti da noi richiamati sono validi allora i due campioni dovrebbero presentare fattori simili. Prevediamo, interpretando i fattori, che gli item che hanno una saturazione fattoriale superiore a 0.30 in un singolo fattore nel primo campione, presentino una saturazione superiore a 0.30 anche nel secondo campione. Inoltre ci aspettiamo che gli item con elevata saturazione in un singolo fattore nel primo campione lo siano altrettanto nel secondo campione nello stesso fattore.

RISULTATI
Nella Tabella III troviamo stralci dei 40 item, il punteggio di correlazione corretto item-totale, come pure il coefficiente a di Cronbach di ogni scala sia per il primo che per il secondo campione ( in appendice troveremo gli item nella loro forma completa ). Le proprietà psicometriche degli item e delle scale sono soddisfacenti, seguendo i criteri specificati da Nunnally (1978). I risultati dell’analisi fattoriale condotta sul campione originario sono riportate nella Tabella IV. Questa presenta otto fattori che spiegano il 60 % della varianza degli item. La Tabella IV presenta quei fattori basati sugli item che hanno saturazione superiori a 0.30. I fattori corrispondono alle dimensioni del clima da noi proposte. I risultati delle otto soluzioni fattoriali per gli item corrispondenti al campione di validazione sono presentati nella Tabella V. In questo caso gli item spiegano il 71 % della varianza. Come nella Tabella IV anche in questa il nome dei fattori fu assegnato sulla base di quegli item che li saturavano per valori superiori o uguali a 0.30. Anche questi fattori corrispondono in genere a quelli da noi sinteticamente proposti come dimensioni del clima.

Nella Tabella VI compaiono i fattori che hanno più alta saturazione tra gli otto nei due campioni. La maggioranza degli item che presentavano saturazioni molto alte in particolari fattori nel campione originario, avevano analoghe alte saturazioni anche nel campione di validazione. Più particolarmente, 28 dei 40 item avevano alte saturazioni negli stessi fattori.

DISCUSSIONE

I risultati che abbiamo ottenuto sono incoraggianti. Il coefficiente a di Cronbach, la correlazione item-totale e l’analisi fattoriale, confermano la validità e attendibilità delle scale. Nei due campioni gli item saturi nel primo fattore si solito corrispondono alle dimensioni fiducia e sostegno. Nel campione di validazione, tuttavia, alcuni item appartenenti alla scala equità correlano con questi fattori. Ciò che li unisce è la natura del rapporto interpersonale tra superiore e subordinato. Le differenze di rango dei fattori susseguenti tra campione originario e campione di validazione, riflettono le diversi esperienze che caratterizzano i due gruppi. Gli item che misurano specifiche dimensioni climatiche di solito hanno saturazioni che confermano le nostre aspettative. Gli item delle scale autonomia, coesione e riconoscimento, hanno saturazioni in corrispondenza dei fattori, in entrambi i campioni. Le scale che hanno bisogno di alcuni miglioramenti, sebbene vengano identificate nelle due analisi fattoriale, corrispondono alle dimensioni pressione, innovazione ed equità. Alcuni item della scala pressione presentano saturazioni anche in altre scale, questo nel campione di validazione. La dimensione innovazione è in qualche caso poco chiara per la presenza di item di altre scale. Inoltre la dimensione equilibrio può essere identificata nel primo campione, però nel secondo tre item finiscono nella dimensione fiducia/sostegno. I problemi i queste scale possono essere ascritti al fatto che concetti come pressione, innovazione ed equità sono meno concreti di quelli di altre scale. I rimanenti fattori (il settimo ne campione originario e il sesto nel campione di validazione) non corrispondono chiaramente a nessuna delle dimensioni climatiche da noi proposte. Pochissimi item presentano alte saturazioni in questi fattori, pertanto dare un’interpretazione è piuttosto difficile. C’é spazio per un miglioramento delle scale, sebbene i risultati siano piuttosto soddisfacenti.

Il primo passo dovrebbe essere quello di rivedere le scale cercando di migliorarne le proprietà psicometriche. Più specificamente, il coefficiente a di Cronbach per la dimensione pressione, che fu un rispettabile 0.81 nel primo campione, ma un marginale 0.57 nel secondo campione. La maggioranza degli item (28 su 40) che sturavano uno specifico fattore nel campione originario, saturavano il medesimo fattore anche nel campione di validazione. Il test del c2 mostra che la distribuzione degli item tra fattori è significativamente diversa con probabilità (p< 0.001). Però se costruiamo una tabella 8X2 dove si inscrivono i dati legati alla collocazione corretta/scorretta degli item rispetto ai fattori (basati sull’analisi originale), il test del c2 ci dà solo marginalmente un risultato significativo (p< 0.10). Miglioramenti alle scale pressione, innovazione, equità, sicuramente aumenterebbero la significatività del test sopra. L’analisi fattoriale nel campione originario riproduce i fattori corrispondenti a queste tre dimensioni climatiche, cosa che non fu riprodotta dai dati del secondo campione. Questo può esser stato causato dalla bassa numerosità del secondo campione; le future ricerche dovrebbero impiegare un più ampio numero di soggetti. Tuttavia, per prima cosa si dovrebbero migliorare le scale apportando piccoli cambiamenti alle parole degli item. E’ anche opportuno prendere qualche cautela nell’interpretazione dei fattori risultati da questa ricerca. Per interpretare i fattori abbiamo impiegato la saturazione 0.30 come livello di cut off , operazione peraltro legittima (Nunnally, 1978, p. 423), in quanto è facile sovra-interpretare il significato delle saturazioni inferiori a 0.40 (Nunnally, 1078, p. 423). Siamo tuttavia convinti che le nostre interpretazioni siano state accurate poiché tutti i fattori interpretabili includevano molteplici item, con saturazioni superiori a 0.40, item che di solito corrispondono alle otto dimensioni climatiche mutuate dalla letteratura sul tema. Inoltre, sarebbe utile continuare a ricercare altre dimensioni per dare completezza all’universo delle percezioni del clima psicologico. Forse dovrebbero essere inclusi item che diano spazio ai rapporti tra colleghi (oltre la coesione). Potrebbe essere allo stesso tempo utile combinare alcune dimensioni, ad esempio fiducia e supporto si potrebbero considerare come appartenenti ad un singolo cluster , facendo riferimento alla natura dei rapporti superiore-subordinato. Si potrebbe rivedere la scala impiegando più livelli gerarchici entro e tra le organizzazioni. (La nostra ricerca ha studiato vari livelli professionali e impiegati direttivi, ma non lavoratori specializzati, semi specializzati e generici). Questo permetterebbe lo studio delle uguaglianze e differenze delle dimensioni entro e tra le organizzazioni. Potrebbero essere condotte anche delle indagini sulle determinanti e conseguenze del clima psicologico. Ad esempio, le seguenti variabili potrebbero determinare la percezione del clima psicologico: centralizzazione, formalismo, conflitti di ruolo, ambiguità di ruolo, processi decisionali, leadership, supervisione, comunicazioni, circolarità delle informazioni (feedback). Inoltre, il clima psicologico così come è percepito può influenzare l’impegno nella organizzazione, la soddisfazione lavorativa, l’assenteismo ed il turn over.

CONCLUSIONI
I risultati della presente ricerca sono incoraggianti per due motivi. Primo, la mancanza di consenso nella letteratura sulla dimensionalità del clima psicologico è più apparente che reale. Infatti, quando si valutano le dimensioni nei termini che genericamente accettano definizioni e caratteristiche del clima psicologico, la struttura delle dimensioni emerge chiaramente e ragionevolmente. Questa struttura comune è rappresentata nella presente ricerca dalle otto dimensioni definite nella Tabella II. Secondo, è possibile costruire un certo numero di scale che prendano come base le otto dimensioni proposte dalle letteratura e dalla definizione che ne danno gli autori. Incoraggianti sono anche i risultati psicometrici e dell’analisi fattoriale delle scale. L’analisi degli item indica una sufficiente attendibilità e consistenza interna delle misure. Moderatamente soddisfacenti i risultati dell’analisi fattoriale che tuttavia conferma le dimensioni teoriche, in quanto riprodotte dalla struttura fattoriale.

Le Tabelle I, III, IV, V, e VI sono alle pp. 270-272; pp. 274 ; pp. 276-277; pp. 278-279; pp. 280 dell’articolo originale
Koys D.J., DeCotiis T.A. (1991), INDUCTIVE MEASURES OF PSYCHOLOGICAL CLIMATE. Human Relations, 44(3), 265-285.
Traduzione dall’inglese di Fabio Biancalani

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